Un approccio sistemico per promuovere la parità tra donne e uomini

 

Maru Sarasola è coach e consulente di sviluppo organizzativo.
Un tema che le sta particolarmente a cuore è la parità tra donne e uomini.
È esperta in Management Constellation e membro del team SysMaCon - Emana - Bilbao

 

www.marusarasola-coaching.com

 

Ho la sensazione che il modo tradizionale di approcciare il tema della parità, anche se in passato ha dato i suoi frutti, sia ormai superato e produca spesso effetti perversi. Da quando ho approfondito la pratica dell'approccio sistemico e dello strumento Management Constellation, sento che qualcosa di nuovo sta emergendo nel modo di affrontare questo problema.

Comprendere e gestire una realtà complessa

Già da qualche tempo sto riflettendo sul mio ruolo di coach, facilitatrice e consulente in un ambito molto particolare che riguarda processi di cambiamento organizzativo atti a favorire le pari opportunità per donne e uomini. Ho la sensazione che il modo tradizionale di approcciare questo tema, anche se in passato ha dato i suoi frutti, sia ormai superato e produca spesso effetti perversi.

Da quando ho approfondito l'apprendimento e la pratica dell'approccio sistemico e dello strumento delle Management Constellation, sento che qualcosa di nuovo sta emergendo nel modo di affrontare questo problema. Ciò che mi affascina di questo modo di lavorare è la possibilità di affrontare e gestire la complessità, di capire le relazioni di causalità circolare tra vari fattori e di capire altresì come questi fattori incidono sulla funzionalità dei processi del sistema. Ho cominciato a chiedermi come applicare l'approccio sistemico al lavoro per l’uguaglianza nelle organizzazioni, proprio perché ho capito che la questione della parità tra donne e uomini si riferisce ad una realtà complessa, nella quale dinamiche diverse, su diversi livelli, si intrecciano e coinvolgono anche me nel mio ruolo di facilitatrice. Cosa significa per me adottare questo approccio? Quali sono i cambiamenti nel mio modo di lavorare e di accompagnare una organizzazione?

Ci vuole un atteggiamento nuovo

Ho compreso che l'utilizzo di un approccio sistemico richiede un atteggiamento e un posizionamento, da parte di chi facilita il processo, ben diversi da quelli prevalenti in questo campo.

Si inizia con lo sforzo di riconoscere ed accettare la situazione tale quale essa si presenta nella fase storica concreta nella quale si trova l’organizzazione, senza volere che nulla sia diverso. Questo significa vedere la situazione dalla prospettiva, e con gli occhi, di ciascuna delle persone coinvolte nel sistema, senza eccezioni, perché tutti sono parte e tutti hanno un contributo da apportare. Si tratta di mettere l'accento sulle dinamiche che si instaurano tra le persone e di capire come esse si nutrono e sono funzionali alle intenzioni delle singole parti ed al funzionamento dell’organizzazione nel suo insieme. Questo significa abbandonare le categorie del bene e del male come approccio di partenza.

Questo approccio ci richiede di occupare di volta in volta una prospettiva diversa, senza prendere una posizione di parte e senza farci trascinare dal nostro giudizio per poter riferire ciò che osserviamo come informazione potenzialmente utile ai nostri clienti. Questo significa lavorare più con domande che con risposte e con un atteggiamento di rispetto e umiltà.

Nella mia esperienza ho notato che se gli uomini non si sentono rispettati, non si può lavorare con loro e allo stesso modo non si può lavorare con le donne se esse non vengono rispettate.

L'obiettivo è accompagnare l'organizzazione là dove vuole andare, o dove vogliono andare le persone responsabili della gestione, essendo consapevoli del fatto che non siamo noi i titolari del processo e dunque non abbiamo alcun diritto, ma nemmeno il potere, di imporre una strada o un risultato predeterminato da noi. Il processo è del cliente e non nostro e le persone che vi partecipano faranno quello che possono e che vogliono. Si tratta di rinunciare all'atteggiamento di "soccorritrice", se non addirittura di “salvatrice”, che mi porrebbe al di sopra delle persone allontanandole dalla loro propria responsabilità.

Questo atteggiamento richiede di abbandonare le nostre ideologie e le nostre convinzioni su come dovrebbe essere il mondo, su cosa le persone dovrebbero fare e come dovrebbero comportarsi. È un atteggiamento che ci porta a collocarci in una posizione di "non sapere", di colui che non ha le risposte. Questo nella mia esperienza non è per niente facile. È un posto scomodo che mi fa paura.

Come facilitatrice posso aiutare i miei clienti a sviluppare una maggiore consapevolezza delle dinamiche e degli schemi di comportamento consolidati nella loro organizzazione. Li posso guidare in un processo di indagine, dare loro un feedback di ciò che percepisco, ma senza la pretesa di conoscere "la verità". Posso proporre punti di vista o ipotesi, posso stimolarle alla riflessione attraverso domande, con un atteggiamento di curiosità, rispetto e umiltà. Devo resistere alla tentazione di dire cosa dovrebbero fare e, invece, generare ulteriori domande in modo che possano prendere le proprie decisioni.

Se penso alle soluzioni che vorrei proporre perdo la connessione con il processo e con i partecipanti.

Un’esperienza che mi ha colpito

Qualche mese fa ho avuto l'opportunità e il privilegio di partecipare al IOCTI (Programma Intensivo Internazionale di Formazione in Costellazioni Organizzative) tenutosi in Uruguay. In questo incontro ho appreso molti insegnamenti e ho avuto conversazioni molto stimolanti. Vorrei sottolineare due momenti che mi hanno particolarmente colpito e che mi vengono in mente in relazione al tema di questo articolo.

In un workshop guidato da Bibi Schreuder una collega pose la questione di come si potevano utilizzare le Costellazioni Sistemiche per favorire l’uguaglianza nelle organizzazioni. Bibi rispose con un un'altra domanda: “Quali segnali ti farebbero capire che ci si sta muovendo nella direzione di una maggior uguaglianza?” La risposta mi è venuta intuitivamente, lentamente e delicatamente quasi senza pensarci, ma con grande chiarezza: “Quando da un dialogo emerge qualcosa di nuovo e di diverso, qualcosa che non sapevo e non avevo pensato prima”. Sono rimasta sorpresa e colpita.

L'altro momento è stato quando ho visto Georg Senoner lavorare sul progetto di un gruppo di undici giovani donne imprenditrici che avevano fondato un centro di “coworking”. Si chiedevano come poter strutturare meglio la loro organizzazione, che al momento non era molto efficiente e che faceva spesso sorgere degli attriti tra le socie. È stato un buon esempio di come far emergere le nuove forme di organizzazione senza imporre vecchi modelli, o le proprie idee su come l'organizzazione dovrebbe operare, allo stesso tempo dando forza e sostenibilità al nuovo che si sta delineando. Attraverso una dinamica basata su domande e su una serie di rappresentazioni sistemiche molto efficaci, le imprenditrici hanno dapprima concordato una domanda comune sulla quale è stata poi incentrata tutta la sessione di team coaching. Successivamente Georg le ha accompagnate a trovare una loro risposta, che man mano ha preso forma come mappa dei ruoli, delle responsabilità e degli impegni di ciascuna socia.

Con assoluto rispetto per le opinioni di ciascuno ed in continuo e stretto contatto con loro, Georg ha permesso che si prendesse coscienza dei circoli viziosi nei quali si stavano irretendo e con continuo riferimento alla domanda ha puntato l’attenzione sulle possibili vie d’uscita.

 Sono orgogliosa di far parte del team dei docenti di SysMaCon ed Emana per trasmettere lo strumento Management Constellation ai partecipanti dei nostri corsi sotto la guida eccellente di Georg Senoner.

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